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ISSN 2612-677X (sito web) - ISSN 2704-6516 (rivista)

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17 Ottobre 2022
Letizia Mantovani

,

Alessandro Rudelli

,

Articolo Rivista

Sottotitolo

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Fascicolo 1

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It isn’t that they can’t see the solution. It is that they can’t see the problem

G.K. Chesterton

Abstract Italiano

In che modo gli esseri umani comprendono intuitivamente la struttura della loro società? In che modo gli psicologi dovrebbero studiare la comprensione del buon senso della struttura sociale delle persone? Il presente capitolo cerca di affrontare entrambe queste domande descrivendo il dominio della “sociologia intuitiva”. Attingendo principalmente dalla ricerca empirica incentrata su come i bambini piccoli rappresentano e ragionano sui gruppi sociali, proponiamo che la sociologia intuitiva sia costituita da tre fenomeni fondamentali: tipi sociali (l’identificazione di gruppi rilevanti e dei loro attributi); valore sociale (il valore di diversi gruppi); e norme sociali (aspettative condivise su come dovrebbero essere i gruppi).

Abstract English

How do humans intuitively understand the structure of their society? How should psychologists study people’s commonsense understanding of societal structure? The present chapter seeks to address both of these questions by describing the domain of “intuitive sociology.” Drawing primarily from empirical research focused on how young children represent and reason about social groups, we propose that intuitive sociology consists of three core phenomena: social types (the identification of relevant groups and their attributes); social value (the worth of different groups); and social norms (shared expectations for how groups ought to be).

Abstract Français

Comment les humains comprennent-ils intuitivement la structure de leur société ? Comment les psychologues devraient-ils étudier la compréhension de bon sens que les gens ont de la structure sociétale ? Le présent chapitre cherche à répondre à ces deux questions en décrivant le domaine de la « sociologie intuitive ». S’appuyant principalement sur des recherches empiriques axées sur la façon dont les jeunes enfants représentent et raisonnent sur les groupes sociaux, nous proposons que la sociologie intuitive se compose de trois phénomènes fondamentaux : les types sociaux (l’identification des groupes pertinents et leurs attributs) ; valeur sociale (la valeur des différents groupes); et les normes sociales (attentes partagées sur la façon dont les groupes devraient être).

Abstract Español

¿Cómo entienden intuitivamente los humanos la estructura de su sociedad? ¿Cómo deberían los psicólogos estudiar la comprensión del sentido común de las personas sobre la estructura social? El presente capítulo busca abordar ambas preguntas describiendo el dominio de la “sociología intuitiva”. Basándonos principalmente en la investigación empírica centrada en cómo los niños pequeños representan y razonan sobre los grupos sociales, proponemos que la sociología intuitiva consta de tres fenómenos centrales: tipos sociales (la identificación de grupos relevantes y sus atributos); valor social (el valor de los diferentes grupos); y normas sociales (expectativas compartidas sobre cómo deberían ser los grupos).

SOMMARIO

1.La narrazione della “rivoluzione” scientifica2. Titolo secondo paragrafo – 3. Titolo terzo paragrafo – 4. Titolo quarto paragrafo

1. La narrazione della “rivoluzione” scientifica.

Edmond Locard1, uno dei padri delle moderne scienze forensi, enunciava nel 1910 la sua legge fondamentale: il principio di interscambio. Secondo questo principio ogni contatto lascia una traccia. La scena del crimine è muta solo per chi non sa cogliere la comunicazione non verbale tra il delitto e il suo autore. La scena del crimine è densa di segnali – tracce biologiche, segni, residui, contaminazioni batteriche… – che attendono di essere raccolti dal capace investigatore. E le scienze forensi che altro sono se non il bastone che il moderno rabdomante in camice bianco sfodera di fronte ad un corpo martoriato? Non è certo di oggi la ricerca di un aiuto “esperto”. Nella bottega da barbiere di Giangiacomo Mora, durante la caccia all’untore per la peste milanese del 1630, venne trovata «un aqua, in fondo alla quale vi è un’istessa materia viscosa e bianca, e gialla» . Il Senato milanese convocò dei “periti” perché analizzassero la sostanza rinvenuta nel pentolone abbandonato nel cortile della bottega, al fine di accertare se fosse o meno il comune smoglio da bucato come sostenuto da Mora.
Vennero così ascoltate due lavandaie professioniste. La prima, Margherita Arpizanelli, riferì che si trattava di smoglio, ma non puro, perché a suo dire vi si potevano scorgere «delle furfanterie». La seconda, Giacomina Andrioni, affermò essere smoglio, ma con delle «delle alterazioni», con le quali si potevano fare «gran porcherie, e tossiche». Per maggior certezza, si acquisì anche il responso di Archileo Carcano, fisico collegiato, secondo il quale, addirittura, la sostanza rinvenuta non era smoglio, anche se, poco professionalmente, tagliò corto con un’affermazione del genere: ma io non ho osservato troppo bene . La tortura provvide a togliere ogni residuo dubbio.
Se non è una novità la prova scientifica o ritenuta tale, è di oggi la convinzione che la questa abbia raggiunto soglie di attendibilità e potenza tali da rivoluzionare il campo delle investigazioni.
Il giurista attento alle tendenze del momento sa bene che il dialogo1 interdisciplinare e le sfide della “modernità” generano un grande appeal nel lettore; parlare di scienza in tribunale è argomento che appartiene proprio a questo ambito fortunato. Il tema viene declinato con varie sfumature: il rischio degli eccessi della science fascination; le tematiche processuali sulla natura degli accertamenti tecnici; la selezione delle cosiddette nuove prove scientifiche; gli ultimi miracoli tecnologici. Il minimo comune denominatore è sempre rappresentato da una premessa: la prova scientifica è uno strumento di formidabile efficacia, in grado di rendere rapida e certa la ricerca del colpevole e scovare il responsabile per i delitti del passato.
Lo scopo dichiarato di questa breve riflessione è quello di dimostrare che i risultati concretamente ottenuti negli ultimi anni sono ben lontani dal permettere di esprimere un giudizio univocamente positivo sulla utilità della prova scientifica.

2. I protagonisti della Rivoluzione Scientifica

Isaac Newton nasce a Woolsthorpe, in Inghilterra, nel 1642. Considerato uno dei padri fondatori della fisica moderna, comincia i propri studi al Trinity College di Cambridge nel 1661 dove segue in maniera non continuativa le lezioni prediligendo lo studio individuale.
Nel 1665 l’occasione di coltivare autonomamente letture ed esperimenti si presenta con la chiusura del Trinity College in seguito ad una grave epidemia di peste. Il 1666 è l’annus mirabilis per Newton, l’anno più importante della sua vita durante il quale ha l’intuizione della gravitazione universale.
Negli anni successivi diviene professore di Matematica e membro della Royal Society di Londra; lavora intensamente alle sue teorie e nel 1687 pubblica la sua più importante e famosa opera, i Philosophiae naturalis principia matematica (Principi matematici di filosofia naturale).
Il secolo che lo vede affermarsi come il più importante filosofo naturale (è questo il termine dell’epoca, solo nell’Ottocento comparirà il termine “scienziato”) è caratterizzato da un sempre maggiore interesse per la matematica e la fisica che divengono campi d’indagine preferenziali.
Infine la statura di questo pensatore è confermata anche dall’ampio numero di scritti dedicati all’alchimia, all’esegesi biblica e alla filosofia; discipline che Newton coltivava con grande interesse e che testimoniano una sorta di passaggio di consegne fra l’epoca precedente in cui la scienza era intrisa di conoscenze magiche (emblematicamente rappresentata da Giordano Bruno) e una nuova epoca, quella della Rivoluzione Scientifica, in cui la sperimentazione costituisce il nucleo della ricerca scientifica.

3. Isaac Newton

Negli anni Settanta Newton attraversò un periodo di intensa attività di ricerca e di relativo isolamento. Forse a causa della delusione suscitata dalle critiche al saggio del 1672, egli decise di tenere per sé gran parte dei suoi risultati, o di comunicarli attraverso scambi epistolari. Le ricerche matematiche continuarono dunque senza interruzioni. In quegli anni Newton compose uno scritto sui metodi di interpolazione, si dedicò a studi sulla classificazione delle cubiche e scrisse una serie di lezioni di algebra che videro la luce nel 1707 in un fortunato trattato intitolato Arithmetica universalis; inoltre cominciò a leggere le opere di geometria dei classici greci. Come molti suoi contemporanei ‒ si pensi a Hobbes e a Barrow ‒ era affascinato dal rigore della geometria greca. In alcuni manoscritti contrappone l’eleganza della geometria greca all’artificiosità della ‘matematica dei moderni’. È in questi anni che Newton mise a punto il metodo dei primi e ultimi rapporti, una tecnica geometrica di passaggio al limite che giocò un ruolo fondamentale nei Principia.

Nel 1675 Newton, pressato dalle critiche, presentò alla Royal Society un saggio intitolato An hypothesis explaining the properties of light, nel quale si impegnava a formulare esplicitamente una “ipotesi sulle proprietà della luce”. In questo saggio Newton affronta i fenomeni di interferenza osservati nelle lamine sottili (bolle di sapone, mica, ecc.) da Robert Hooke e altri. Nel saggio del 1675 l’ipotesi dell’etere è applicata non solo a fenomeni ottici, ma anche alla fisiologia della percezione, a fenomeni chimici, elettrici e magnetici. Si ipotizza che, nel redigere questo testo, Newton si sia servito di termini e di idee propri della tradizione alchemica.

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note

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2. nota